La responsabilita del produttore di beni
LA FASE PRECEDENTE IL D.P.R. 24/05/88 N. 224 (a cura dell'avv. Michele Grisafi)
In assenza di norme specifiche di disciplina del fenomeno, introdotte nel nostro ordinamento appena nel 1988 con il d.p.r. 24-05.88 n. 224, la dottrina e la giurisprudenza negli anni hanno sviluppato orientamenti tali da rendere comunque effettiva la tutela del consumatore in ordine al risarcimento dei danni derivatigli dal prodotto.
Inizialmente la giurisprudenza italiana era orientata nel senso di risolvere il problema sul piano della responsabilità contrattuale, attraverso l’uso da parte dell’acquirente danneggiato dell’azione per vizi della cosa venduta nei confronti del venditore del bene danneggiante. In un secondo momento, la dottrina si è resa sostenitrice di un indirizzo innovativo, inquadrando la problematica nell’ambito extracontrattuale e superando poi il criterio soggettivo di imputazione dell’illecito in favore di un sistema di responsabilità oggettiva, attraverso un procedimento logico presuntivo cui doveva ricorrere il giudice di merito. La giurisprudenza, pur con inevitabili oscillazioni dovute alla peculiarità della problematica e con diverse impostazioni giuridiche, ha seguito tale orientamento dottrinario e si sono susseguite varie pronunce che hanno ammesso la responsabilità del produttore.
Con sentenza n. 1270 dd 25.05.64 (in Foro It., 1965, I, 2098) la Suprema Corte ha così affermato la responsabilità extracontrattuale ex art.2043 del produttore, scagionando il rivenditore dettagliante, con riferimento alla particolare natura del prodotto costituito da un pacchetto di biscotti sigillati ed in ottimo stato di conservazione che avevano procurato al consumatore malessere e vari disturbi. Con sentenza n. 577 dd 2.03.73 (in Giur. It. 1975, I, 1, 750) la S.C. ha ritenuto la responsabilità extracontrattuale del costruttore per la difettosa lav orazio ne del gancio di rimorchio di un autotreno dalla quale è derivata la rottura dell’accessorio, con conseguente collisione dell’automezzo con altro veicolo. In altri casi, è stata ribadita la responsabilità del produttore mediante il richiamo ai criteri di cui all’art. 2049 c.c., e si è ricondotto il difetto di fabbricazione di un autoveicolo al fatto colposo dei dipendenti, e tramite questi, alla società produttrice (App. Roma 24.2.76, GI, 1978, I, 2, 430); talvolta, invece, è stato richiamato l'art.2050 c.c. in riferimento alla pericolosità dell'attività svolta (Cass. 15.07.87 n. 6241; Trib.Milano 19.11.87, in Foro It., 1988, I, 144); altre volte, in ipotesi di danno verificatosi presso il rivenditore, si è applicato l'art.2051 c.c. e il cliente danneggiato è stato risarcito da parte di chi risultava essere il custode del bene danneggiante (App. Roma 8.10.86, in Foro it., 1987, 1569; Trib. Monza, 10.11.82, in Resp.civ.prev., 1983, 789).
-IL D.P.R. 24.05.88 N. 224
Gli sforzi giurisprudenziali sopra menzionati, frutto il più delle volte di forzature tese a tutelare il consumatore, si superarono grazie all’introduzione nel nostro ordinamento di una normativa specifica di attuazione della Direttiva CEE n.374/85.
Il testo legislativo riconosceva responsabile per illecito extracontrattuale il produttore di un bene difettoso; per la qualificazione di detta responsabilità, se oggettiva o comunque fondata sulla colpa, c'erano divergenze dottrinarie, evidenziate dalla stessa Commissione di studio elaboratrice dello schema di legge che si era così testualmente espressa: L’attuazione della direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del 25.7.85 in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, porta l’introduzione e l’analitica disciplina di una responsabilità del produttore che è indipendente dalla colpa, salve le valutazioni di ragionevolezza sovente implicite nel giudizio sulla difettosità del prodotto, intesa come inidoneità ad offrire la sicurezza che ci si può legittimamente attendere.
Quale che sia la qualificazione della responsabilità più meritevole, qualificazione comunque variabile in relazione alle singole situazioni e alle particolari modalità con cui il danno era inferto, la norma basilare (art. 1) del d.p.r. del 1988 dichiarava il produttore responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto: come tale si intendeva ogni bene mobile, anche se incorporato in altro bene mobile od immobile, esclusi i prodotti agricoli e di allevamento che non abbiano subito trasformazioni (art. 2). In punto va specificato che sulla scorta della Direttiva comunitaria 92/59/CEE il D.L. 17 marzo 1995 n. 115 che disciplinava la sicurezza generale del prodotto, era considerato sicuro il prodotto che in condizioni di uso normale o ragionevolmente prevedibile, compresa la durata, non presentava alcun rischio, oppure presentava unicamente rischi minimi compatibili con l'impiego del prodotto.
Il d.p.r. n. 224/88 considerava produttore anche chi si presentava come tale apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla confezione (art. 3). Anche il fornitore poteva essere ritenuto soggetto responsabile, quando il produttore non fosse stato individuato, a meno che il fornitore non comunicasse al danneggiato, entro il termine di tre mesi dalla richiesta, l’identità e il domicilio del produttore o della persona che gli aveva fornito il prodotto (art. 4). Un prodotto era difettoso quando "non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere in relazione al modo ed al tempo incui esso è stato posto in circolazione ed al suo ragionevole uso" ( art. 5).
Il produttore poteva andare esente da responsabilità in alcuni casi determinati che facessero venir meno il nesso causale tra la produzione e circolazione del bene e l'evento di danno: "a) se il produttore non ha messo il prodotto in circolazione; b) se il difetto che ha cagionato il danno non esisteva quando il produttore ha messo il prodotto in circolazione; c) se il produttore non ha fabbricato il prodotto per la vendita o per qualsiasi altra forma di distribuzione a titolo oneroso, né lo ha fabbricato o distribuito nell'esercizio della sua attività professionale; d) se il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a una norma giuridica imperativa o a un provvedimento vincolante; e) se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso; f) nel caso del produttore o fornitore di una parte componente o di una materia prima, se il difetto è interamente dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o materia prima o alla conformità di questa alle istruzioni date dal produttore che l'ha utilizzata" (art. 6).
Per quanto concerne l'onere della prova, esso veniva posto a carico del danneggiato limitatamente alla dimostrazione del difetto, del danno e la connessione causale tra l'uno e l'altro, mentre ricadeva sul produttore, per sollevarsi dalla responsabilità, l'onere di provare i fatti specificamente indicati dalla legge (art. 8).
La normativa, dopo aver richiamato il principio della responsabilità solidale (art. 9), considerava il comportamento del danneggiato in applicazione dell'art.1227 c.c., specificando che "non avrà diritto al risarcimento colui che, consapevole dell'esistenza del difetto, si sia volontariamente esposto al pericolo" (art.10).
Per conseguenze dannose risarcibili si intendevano la morte e le lesioni personali subite dal consumatore, nonché la distruzione od il danneggiamento di altri beni destinati all'uso privato del medesimo, diversi dal prodotto difettoso (art. 11). Era prevista, poi, allo scopo di limitare la conflittualità per importi bagatellari, una franchigia di L.750.000, somma al di sotto della quale il danneggiato poteva comunque agire ex art.2043 c.c. (art.15). Veniva esclusa quindi l'efficacia di qualsiasi esonero o limitazione preventivi della responsabilità (art. 12), la prescrizione del diritto al risarcimento veniva stabilita in tre anni (art. 13), mentre si verificava la decadenza del diritto dieci anni dopo la messa in circolazione del prodotto (art. 14).
In via generale, la tutela accordata dalla normativa non limitava l'esercizio delle azioni attribuite al danneggiato dalle norme previgenti (art.15).
D. LGS. 6.9.2005 N. 206 -CODICE DEL CONSUMO- (a cura del dott. Massimiliano Ciuffreda)
Il d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206 ha introdotto il Codice del consumo, testo normativo di riferimento in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti e che comprende la maggior parte delle disposizioni, emanate dall'Unione Europea nel corso degli ultimi venticinque anni, aventi ad oggetto la protezione del Consumatore.
In particolare, l'art. 146 ha abrogato il D.P.R. 224/1988 (Responsabilita' del produttore) e le relative norme sono state trasfuse, con alcune modifiche, nel citato codice del consumo, negli artt. da 114 a 127, e nell'art. 3, lett. d), ove e' enucleata la nuova definizione di produttore.
L'art. 146 cod. cons. ha altresi' abrogato la Direttiva comunitaria 92/59/CEE - D.L. 17 marzo 1995 n. 115 - che disciplinava la sicurezza generale dei prodotti. Anche in tal caso la previgente normativa e' stata trasfusa negli artt. da 102 a 113 cod. cons. Non si tratterebbe dunque di una vera e propria abrogatio legis della previgente normativa.
Il Codice del consumo delimita la responsabilita' del produttore sia dal punto di vista soggettivo (delineando il concetto di soggetto danneggiato ex art. 3, 1 co. lett. a), e quello di produttore, lett. d), stesso articolo), sia dal punto di vista oggettivo (delineando il concetto di prodotto ex art. 3, 1 co. lett. e), nonche' quello di danno risarcibile, ex art. 123 del medesimo Codice).
Ben consci della vastita' delle implicazioni giuridiche che il nuovo Codice del consumo comporta si affrontera', in questa sede, seppur succintamente, solo l'aspetto forse piu' innovativo rispetto al previgente D.P.R. 224/1988.
AMBITO DI APPLICAZIONE SOGGETTIVO - IL PRODUTTORE:
a) Il produttore/fabbricante del bene:
L'unica novita' di rilievo, forse, introdotta dal d.lgs 206/2005 concerne la figura del responsabile per danno da prodotto difettoso, ovvero, la nuova identificazione di produttore che, ex art. 3 lett. d), qualificato come il fabbricante del bene o fornitore del servizio o un suo intermediario, contrariamente alla identificazione operata dall'abrogato art. 3 del DPR 224/1988, che si riferiva al fabbricante del prodotto finito o di una sua componente ed al produttore della materia prima.
Il fabbricante del bene e' colui che produce il bene ponendolo in commercio. Detta figura, ovvero, quella del fornitore del servizio assume particolare rilevanza ed importanza, soprattutto in un epoca in cui i beni ed i servizi sono il risultato di una attivita'/opera integrata di due o piu' realta' imprenditoriali. In tali casi, la figura del produttore finale del bene si integra anche sotto il profilo della responsabilita' per il prodotto/servizio difettoso commercializzato con altre figure che hanno, in diversa misura, contribuito alla produzione e/o commercializzazione del bene medesimo.
In particolare, appare rilevante prendere in considerazione la figura del subfornitore del produttore /fabbricante, nonche' la figura del produttore della materia prima.
La figura del primo si presenta ogni qual volta si e' di fronte ad un prodotto integrato o complesso, formato da piu' componenti per le quali il fabbricante del prodotto finale ha delegato ad altre aziende una fase di lavorazione del prodotto o la produzione di una sua parte che andra' ad integrarsi col bene finale.
In tali ipotesi, in presenza di un prodotto difettoso, sussiste la responsabilita' solidale di tutti gli operatori della catena di produzione (artt. 3, 114 e 121 Codice cons.). Il produttore finale del bene e' comunque sempre corresponsabile, anche nel caso in cui il difetto sia da imputare al componente realizzato dal subfornitore, poiche' il primo ha sempre l'obbligo di verificare l'assenza di vizi nelle componenti fornite dai terzi. (Leccese, Subfornitura, contratto di, cit., 248-249; Carsana, La responsabilita' del Subfornitore nel sistema della garanzia, in Nuova giur. Civ. comm. 2002, II, 740-741).
La figura del produttore della materia prima, per contro non e' prevista nell'art. 3, lett. d) Codice del consumo, contrariamente a quanto espressamente sanciva l'art. 3 co. 1 del D.P.R. 224/1988. Pur tuttavia, l'art. 118, lett. f) del Codice del consumo, nel prevedere una causa di esclusione della responsabilita', richiama espressamente la detta figura.
Oltre al dato normativo, si evidenzia che anche la dottrina maggioritaria ritiene, seguendo le linee direttrici previgenti dell'art. 3 co. 1 del D.P.R. 224/1988, di dover parificare il produttore della materia prima alla figura del fabbricante finale del bene. (Bellisario, p. 76 ss., in Commento all'art.3, co. 1, lett. d) ed e) del Codice del consumo, in Commentario a cura di Alpa-Rossi Carneo, Napoli, 2005).
La presenza di una molteplicita' di figure nell'ambito della realizzazione del bene non pone, tuttavia, particolari problematiche dal punto di vista della tutela del soggetto danneggiato. Questi puo', infatti, avanzare richiesta risarcitoria nei confronti di uno qualunque dei responsabili.
Il produttore della materia prima o il subfornitore di una parte componente del bene puo', per contro, andare esente da responsabilita' quando sussiste un vizio di progettazione del bene ed egli sia stato del tutto estraneo a tale fase, oppure, quando il difetto sia dovuto ad erronee istruzioni fornitegli dal produttore finale (art. 118 1 co. lett. f).
E' fatta salva la possibilita', comunque, per chi risarcisce il danno, di agire in rivalsa verso gli altri operatori della catena di produzione.
b) Il fornitore del servizio:
Compare nel Codice del consumo la figura del fornitore del servizio. Potrebbe pensarsi, in effetti, che il legislatore abbia voluto prevedere una nuova figura, quella del servizio difettoso che, sussisterebbe ogni qual volta il servizio si riveli insicuro, provocando lesioni alla integrita' fisica - ma non solo - del consumatore (si pensi ai clamorosi casi di sangue infetto trasfuso in soggetti sani, o ad una malattia infettiva contratta all'interno dei locali ospedalieri con conseguente responsabilita' del servizio sanitario). Tali casi, tra i piu' eclatanti agli occhi del consumatore, non sono gli unici ad aver destato l'interesse del legislatore, dal momento che innumerevoli sono le ipotesi di prestazione di servizio. Si pensi, soprattutto, come negli ultimi anni si sia espanso il fenomeno del credito al consumo; quindi, a tutte le ipotesi di servizio bancario/finanziario difettoso che arreca un danno all'utente.
Non e' mancato chi ha evidenziato la scarsa rilevanza di una tale previsione, dal punto di vista pratico, dal momento che alla base della prestazione di un servizio vi e' un rapporto contrattuale che, dunque, grazie alle norme sulla responsabilita' contrattuale tutelerebbe la parte lesa. In tali casi, ci si puo' avvalere delle norme sulla responsabilita' contrattuale provando sia il contratto che l'inadempimento del medico e/o dell'Ente ospedaliero. (G. Stella, in Responsabilita' civile e previdenza, n. 10/2006, p. 1597).
Si ritiene tuttavia, che non si debba escludere a priori che il legislatore abbia voluto fornire una tutela rafforzata o, semplicemente, aggiuntiva alla tutela gia' ampiamente fornita dal Codice civile, proprio in considerazione del fatto che il previgente D.P.R. 224/1988 non prevedeva una specifica tutela per l'ipotesi del servizio difettoso.
c) L'intermediario del fabbricante/fornitore:
Tale dovrebbe intendersi quel soggetto che non svolge attivita' di produzione del bene o di sue componenti, ma la cui attivita' nell'ambito della catena di distribuzione puo' comunque influire sulle caratteristiche di sicurezza del prodotto (potrebbe dunque equipararsi agli operatori professionali della catena di commercializzazione cui si riferisce l'art. 103 lett d). (Bellisario, in Codice del consumo cit., p. 749).
A mero titolo esemplificativo tale potrebbe essere la figura del rivenditore professionale a cui il produttore delega un controllo o la cd messa a punto, ovvero, coloro che eseguono i cd. test di sicurezza o ancora gli incaricati del controllo qualita', i progettisti, etc.
d) L'importatore del bene o servizio:
L'art. 3 Cod. cons. parifica a produttore l'importatore del bene o del servizio nel territorio dell'Unione europea. Detta norma assume particolare importanza soprattutto nei casi di Societa' che importano prodotti dai paesi asiatici. Questa, riprende quanto gia' statuiva l'art. 3, 4 co. dell'abrogato D.P.R. 224/88.
In tali ipostesi, appunto, il puro e semplice distributore o fornitore del bene che non sia fabbricante dello stesso risponde come se fosse il produttore (per una conferma in tal senso, vds. Cass. 18.4.2005, n. 12750). Coerentemente, tuttavia, al nuovo dettato ed affinche' vi sia tale equiparazione di responsabilita' occorre che l'importatore abbia potuto incidere, cosi' come il fabbricante del bene, sulle caratteristiche di sicurezza del bene medesimo.
In tali casi, dunque, e solo in questi, la responsabilita' dell'importatore si aggiunge a quella del produttore. Il consumatore parte lesa potra' rivolgersi dunque, oltre al produttore del bene, anche al suo importatore.
e) Persona fisica o giuridica che si presenta come produttore:
Conclude la lett. e) dell'art. 3 Cod. cons. parificando al produttore qualsiasi persona fisica o giuridica che si presenta come produttore identificando il bene o il servizio con il proprio nome, marchio o altro segno distintivo. Anche in questo caso la norma riprende, per certi versi, quanto gia' disponeva l'abrogato D.P.R. 224/88 al suo art. 3, 3co.
Trattasi di tutti quei casi in cui la persona giuridica, pur non interagendo in alcun modo con la catena produttiva del bene decide, per precise scelte di mercato, di presentarsi al pubblico come produttore del bene medesimo, ivi apponendovi il proprio marchio ovvero il segno distintivo della propria Societa'. Anche in tal caso, il legislatore ha inteso garantire e tutelare il principio dell'affidamento del consumatore indotto ad identificare il produttore di un determinato bene nel segno/marchio che lo contraddistingue.
Il Classico esempio di persona giuridica ci sovviene ove si consideri la figura dell'imprenditore affiliato (franchisee) in caso di franchising industriale. (Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 2, p. 399).
IL CONSUMATORE:
Fra i soggetti che possono pretendere il risarcimento dal produttore del bene difettoso, c'e' non solo il consumatore (danneggiato) che ha direttamente acquistato il bene ma anche chi, non assumendo tale veste, e' stato danneggiato dal bene difettoso in conseguenza del suo utilizzo da parte dell'acquirente o di terze persone.
Appare rilevante, inoltre, stabilire se la normativa sulla responsabilita' del produttore si applichi solo se il soggetto ferito e' un consumatore/utente o anche un soggetto che ha utilizzato il bene in qualita' di imprenditore o professionista ed in occasione di attivita' lavorativa.
In tal senso, la dottrina ma anche la giurisprudenza aveva inteso il previgente D.P.R. 224/1988 come rivolto alla tutela dell'integrita' fisica non solo del consumatore, ma anche di chi usava il bene per la propria attivita' lavorativa (cio', nonostante la direttiva n. 374/1985 si riferisse solo al consumatore quale soggetto da proteggere nella sua integrita' fisica e nei suoi beni) (G. Stella, cit., p. 1600).
Il Codice del consumo, parificando la figura del consumatore a quella dell'utente escluderebbe espressamente dall'ambito di applicazione della norma la figura dell'operatore professionale. L'art. 3, lett. a) definisce i primi due, infatti, quali persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attivita' imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. D'altronde una conferma in tal senso dovrebbe rinvenirsi gia' nella denominazione del Codice, appunto, "del consumo".
Si e' asserito in particolare, che il fulcro della definizione normativa ruota attorno allo scopo dell'attivita' svolta dal soggetto destinatario di tutela, che deve essere connotato dalla non professionalita', ovvero coincidere con il soddisfacimento di un bisogno della sfera privata; non certo del professionista che, sebbene agendo al di fuori della propria specifica attivita' professionale, si approvvigioni di beni o servizi strumentali o comunque inerenti all'esercizio della professione (G. Chino', in Codice del consumo, ed. Giuffre', 2006, p. 18).
La conseguenza di quanto detto e' che i beni di consumo utilizzati nell'ambito della propria attivita' professionale o imprenditoriale sono garantiti secondo la normale disciplina generale sulla vendita, prevista dal codice civile.
Non manca orientamento dottrinale tuttavia, che sostiene che la tutela prevista dal Codice del consumo debba estendersi anche a coloro che utilizzano il bene (difettoso) in occasione della propria professione o attivita' lavorativa, come in precedenza si e' positivamente interpretato in tal senso il previgente D.P.R. 224/1988.
NOZIONE DI PRODOTTO DIFETTOSO:
Un breve esame merita anche il contenuto normativo dell'art. 117 del cod. cons., rubricato Prodotto difettoso. Esso definisce tale quel prodotto che ..non offre la sicurezza che ci si puo' legittimamente attendere tenuto conto.. di una serie di circostanze (peraltro non numerus clausus).
Particolare importanza assume la lett. b) del citato articolo che considera l'uso al quale il prodotto puo' essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere. Importanza dovuta al fatto che in relazione ai comportamenti dell'utente/consumatore ragionevolmente prevedibili si fonda anche l'impianto probatorio della parte lesa che intenda instaurare un procedimento giudiziale per l'accertamento del riconoscimento della difettosita' del prodotto medesimo (rectius per l'accertamento della responsabilita' del produttore).
In tal senso, l'accezione di difetto ex art 117 cod.cons. e' differente da quella di vizio considerata dal codice civile e che consente l'esperimento della relativa azione di garanzia ex art. 1490 ss. c.c. Si intende per difetto, ai sensi della prima, non solo quello di fabbricazione in senso stretto ma anche l'insicurezza del prodotto.
Nell'accezione di difetto ex art 117 cod. cons. puo' rientrare appunto, quella insicurezza dovuta al fatto che il consumatore non ha potuto utilizzare il prodotto in condizioni di sicurezza. Le condizioni di utilizzo in sicurezza, a loro volta, devono essere valutate in base a determinate circostanze. Tra queste, appunto, le istruzioni di utilizzo annesse al prodotto, ma anche l'uso a cui il prodotto puo' essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che si possono ragionevolmente prevedere. In relazione a tale ultima circostanza si era espressa anche la Cassazione gia' mezzo secolo fa (anche se in applicazione del 2043 c.c.) dichiarando la responsabilita' del produttore del bene anche nel caso di utilizzo anomalo del prodotto posto che il produttore avrebbe dovuto adottare un accorgimento idoneo ad evitare tale uso prevedibile anomalo (Cass. civ., 21.10.1957, n. 4004).
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