La R.C. nelle attività edilizie
LA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE DEL PROGETTISTA
Fino alla metà degli anni ‘60 l’attività di progettazione veniva ricondotta nell’alveo della prestazione d'opera intellettuale in senso stretto e ciò anche nel caso in cui essa si sostanziasse in un opus materiale, quale il progetto di costruzione. Si negava quindi che potesse essere applicato alla fattispecie l'art. 2226 C.C. concernente la garanzia per le difformità e i vizi dell'opera.
Si trattava di un orientamento giurisprudenziale consolidato (Cass. Sez. U. 4.5.63, n. 1101, in Giustizia Civile, 1964,1,431; Cass.22.4.59, n.1200, in Giustizia Civile, 1959,1, 1253) che riconduceva l’attività di progettazione nella vasta categoria delle obbligazioni di mezzi e, in sede di giudizio di responsabilità, rinviava all'art. 1176, 2° co., c.c., con l’applicazione dell'art. 2236 c.c, in caso di problemi tecnici di particolare difficoltà. (Cass. 29.9.65, n. 2065, in Foro Italiano, 1966,1, 183; Cass. 22.4.59, n. 1200, in Giustizia Civile,1959,1, 1253).
Questo indirizzo giurisprudenziale è poi mutato e l'art. 2226 c.c. viene oggi ritenuto applicabile anche all'attività del progettista: “L'art. 2226 c.c., in tema di difformità e vizi dell'opera nel contratto di lavoro autonomo in generale, è applicabile alle prestazioni di opera intellettuali - in forza del richiamo di cui all'art. 2230 c.c. - quando esse si estrinsecano in un risultato concretantesi in una cosa materiale, come il progetto di un edificio, che è costituito da un complesso di grafici, disegni, calcoli ecc., in relazione al quale possono configurarsi vizi e difformità (Cass. 7.5.88, n. 3389, in Repertorio Foro Italiano, 1988, Professioni intellettuali, 74; conformi: Cass. 24.4.96, n. 3879, in Foro Italiano, 1996, 1, 3758; Cass. 27.2.96, n. 1530, Repertorio Foro Italiano , 1996, Professioni intellettuali, 115).
Questo oramai consolidato orientamento giurisprudenziale è comunque criticato da parte della dottrina (v. Musolino in Contratto ed Impresa, 1989, pagg. 1070 e ss.) che sottolinea come un progetto rimane pur sempre un bene immateriale, rispetto al quale il supporto materiale si configura come un mero strumento di espressione. L’applicazione dell’art. 2226 C.C. al progettista, inoltre, dilaterebbe in maniera inaccettabile la condizione di privilegio di cui già gode il professionista ex art. 2236 C.C.
LA RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE DEI LAVORI
Il direttore dei lavori, quale professionista tecnico, si distingue dall'assistente ai lavori (capo-cantiere) che, come mero dipendente dell'appaltatore, svolge mansioni esecutive ed è quindi privo di autonomia decisionale.
L'obbligazione del direttore dei lavori consiste invece in un opera di controllo e verifica, per conto del committente, della regolarità ed del buon andamento dell’opera posta in essere dal costruttore. Secondo una consolidata giurisprudenza, essa costituisce un'obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto ha per oggetto la prestazione di un'opera intellettuale che non si estrinseca in un risultato di cui si possa cogliere tangibilmente la consistenza. (Cass. 22.3.95, n. 3264, in Giustizia italiana, 1996,1, 2, 62).
La giurisprudenza, inoltre, precisa e delimita il contenuto dell'obbligazione del direttore dei lavori affermando che questi “non ha l'obbligo di essere continuamente presente all'esecuzione di essi o comunque di intervenire ad ogni operazione materiale relativa all'esecuzione stessa, essendo tali mansioni affidate all'assistente. Tuttavia, egli non deve necessariamente fidarsi dell'impresa appaltatrice dei lavori fino al punto da essere esonerato dall'obbligo di esercitare una qualsiasi sorveglianza, almeno periodica, e, comunque, idonea ad assicurare che l'opera sia eseguita in conformità del progetto ed a regola d'arte, nonché di verificare, almeno con ispezioni saltuarie, la qualità e la quantità dei materiali impiegati nella costruzione, al fine di evitare, per quanto è possibile, le frodi che possano essere consumate a danno del committente (Cass. 4.7.62, n. 1705, Repertorio Giustizia Civile, 1962, Appalto, 14; Cass. 7.2.75, n. 475, Massimario della Giustizia civile, 1975, 226).
LA RESPONSABILITA’ SOLIDALE TRA APPALTATORE E PROGETTISTA: DIVISIONE DEI LORO COMPITI
Per lungo tempo la giurisprudenza della Suprema Corte ha escluso la solidarietà tra progettista ed appaltatore, assumendo che la solidarietà presuppone che il fatto giuridico, da cui deriva il debito, sia unico per due o più soggetti, mentre nella specie le responsabilità discendono da diversi contratti (rispettivamente: di appalto e di prestazione d'opera professionale), e potrebbero divenire solidali solo nell'ipotesi di collusione, perché avrebbero allora origine da un unico illecito extracontrattuale. (Cass. 6.9.68, n. 2887, in Responsabilità Civile e Previdenza, 1969, 484).
Successivamente la Suprema Corte ha cambiato il proprio orientamento: “quando un medesimo danno è provocato da più soggetti per inadempimento di contratti diversi intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato, come nel caso del danno risentito dal committente di un'opera per concorrenti inadempimenti del progettista e dell'appaltatore, sussistono tutte le condizioni necessarie perché i corresponsabili siano tenuti a risarcirlo in solido (Cass. 5.1.76, n. 1, Responsabilità Civile e Previdenza, 1976, 635). Conforme la giurisprudenza successiva: ex plurimis Cass. 23.9.96, n.. 8395, Repertorio Foro Italiano, 1996, Appalto, 25; Questo orientamento, oramai consolidato, viene corroborato dall’osservazione che se pure due o piò sono i contratti e diverse le azioni esercitabili, uno ed uno solo è il danno patito dal creditore e, come nella responsabilità da fatto illecito, l’unicità del danno è in sé un elemento oggettivo ed immodificabile a prescindere da quanti siano i debitori.
Gli obblighi solidali tra progettista d appaltatore trovano comunque delle ripartizioni: “L'appaltatore che non sia nudus minister del committente deve verificare la congruità del progetto cui è chiamato a dare esecuzione e rilevare quei vizi che ogni accorto costruttore deve saper cogliere in un progetto elaborato da terzi (Cass. 4.12.91, n. 13039, in Responsabilità Civile e Previdenza, 1992, 368).
L'appaltatore, quindi, fuori dal caso eccezionale in cui agisca come nudus minister del committente, non può limitarsi ad accettare qualsiasi direttiva di costui, col rischio di rendere tutta l'opera non solo inutile, ma anche dannosa, ma ha il dovere di prospettargli le eventuali obiezioni tecniche che in ipotesi si frappongano alla esecuzione di un dato lavoro (Cass. 2.6.93, n. 671, Repertorio Foro Italiano, 1993, Appalto, 40).
RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE EX ART. 1669 C.C. DEL PROGETTISTA E DEL DIRETTORE DEI LAVORI
Secondo un indirizzo piuttosto consolidato della giurisprudenza, peraltro criticato aspramente da una buona parte della dottrina, la norma di cui all’art. 1669 C.C. configura una responsabilità extracontrattuale, di ordine pubblico, sancita per ragioni e finalità di pubblico interesse. In tal guisa, l’art 1669 C.C. viene utilizzato anche quando manchi tra danneggiante e danneggiato l'intermediazione di un contratto di appalto per il fatto che ci si trovi di fronte ad un costruttore in proprio che ha poi venduto l’immobile; o, ancora, l'art. 1669 c.c. è utilizzabile anche dal terzo, estraneo al contratto di appalto, che tuttavia ha subito danni dalla rovina dell'immobile(Cass. 14.12 93, n. 12304, Repertorio Foro Italiano, 1993, Appalto, 62; Cass. 9.1.90, n. 8, Repertorio Giustizia Civile, 1990, Appalto, 43).
L’inquadramento dell'art. 1669 nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, ha l'effetto di far ritenere tale disposizione applicabile anche al progettista e al direttore dei lavori: “non si vedrebbe la ragione per cui al medesimo titolo essa non debba estendersi a quanti abbiano collaborato alla costruzione, sia nella sua fase ideativa con la redazione del progetto, sia in quella attuativa mediante la elaborazione dei calcoli di resistenza per il dosaggio del cemento armato, tutte le volte che si dimostri che i vizi si siano verificati in dipendenza e a causa di errori commessi nella progettazione, ovvero nei calcoli, oppure, nel contempo, nell'una e negli altri, non potendosi negare, quanto alla legittimazione passiva, la sussistenza di essa in soggetti che, a ragione deìl'opera prestata, debbono essere considerati quali costruttori al pari dell'appaltatore, verso il quale la specifica responsabilità appare canalizzata (Cass. 14.4.84, n. 2415, Rassegna Giuridica Enel, 1984, 647),
Tale orientamento si è in seguito consolidato, ritenendo così applicabile l’art. 1669 C.C. non solo nei confronti dell'appaltatore, ma anche nei riguardi del progettista, del direttore dei lavori e dello stesso committente che si sia avvalso di detti ausiliari (Cass. 28.4.84, n. 2676, Giurisprudenza Italiana, I, 1, 630; Cass. 26.4.93, n. 4900, Repertorio Foro Italiano, 1993, Appalto, 63; Cass. 21.3.89, n. 1406, Repertorio Giustizia civile, 1989, Appalto, 24).
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