L'investimento dei pedoni
Sin dalla nascita del pedone come un'autonoma figura tra i protagonisti della circolazione stradale, lo sforzo del Legislatore si è rivolto verso una sua particolare tutela, nella convinzione che esso rappresenti, sempre e comunque, la parte debole ed indifesa rispetto al conducente dei veicoli. Tale convinzione nasce, oltre che dal dato naturalistico ed indefettibile di una maggiore vulnerabilità della persona rispetto al veicolo, anche da una visione forse parziale e acritica del fenomeno "circolazione stradale" che non tiene nel debito conto il ruolo attivo ed efficiente del pedone nella dinamica dei sinistri stradali. Se, infatti, è vero che il pedone rappresenta la categoria più esposta tra gli utenti della strada (nel 2009 l'investimento di pedone rappresenta l'8,6% degli incidenti, con 18.472 casi in cui hanno perso la vita 611 persone, 15,7% del totale, e 20.887 feriti- dati ISTAT-ACI), è anche vero che secondo una ricerca dell'Università di Trieste (in “La Criminalità Colposa nel Traffico Stradale” di Correra-Martucci-Putignano, Cedam 1996), in un elevato numero di casi (il 36,8%) l'imprudenza del pedone si è rivelata come la causa primaria dell'investimento. In molte circostanze, infatti, la responsabilità del pedone nella verificazione del sinistro risulta esclusiva o preponderante, come nel caso in cui, per il concorrere di diversi fattori tra cui l'età e l'ubriachezza, esso attraversa la strada in maniera del tutto irregolare, o sbuca improvvisamente da dietro un veicolo in sosta, o cammina al buio in mezzo alla carreggiata. Un tanto viene confermato anche dalle statistiche, secondo le quali il rischio di investimento stradale è particolarmente alto nella popolazione anziana: 107 decessi nella fascia di età compresa tra 80 e 84 anni, 1.575 feriti in quella tra 70 e 74 anni.
Anche la Giurisprudenza tutela la figura del pedone e, non accogliendo il dato obiettivo che la circolazione stradale, soprattutto quella cittadina, è caratterizzata da una costante interazione tra i pedoni e gli altri utenti della strada, attribuisce al conducente dei veicoli i maggiori vincoli e le maggiori responsabilità in caso di sinistri. Così, se da una parte il Legislatore agli artt. 141 comma IV e 191 C.d.S. prevede una nutrita serie di disposizioni a carico del conducente che gli impongono una condotta di guida piegata all'esigenza della massima tutela del pedone, dall'altra parte il prevalente orientamento giurisprudenziale rende estremamente difficile per il conducente dimostrare l'insussistenza di una propria colpa in caso di investimento.
In particolare, la Giurisprudenza spesso si è dimostrata alquanto esigente nel valutare la prova liberatoria del conducente e, lungi dal considerarla raggiunta in caso di inosservanza da parte del pedone delle norme poste a suo carico (art. 190 C.d.S.), pretende un comportamento dell'investitore tale da escludere quasi totalmente il nesso di causalità tra il suo comportamento ed il fatto lesivo: "Il conducente di un veicolo, scorgendo un bambino in movimento o fermo al margine della strada, deve rallentare e, se occorre, fermarsi, per norma di comune prudenza, che impone di prevenire le imprudenze altrui, probabili e ragionevolmente prevedibili, e in rigorosa osservanza dell'obbligo imposto dall'art. 102 comma 3 cod. strad., dovendo i bambini considerarsi come pedoni incerti e inesperti, portati per loro natura a movimenti inconsulti e improvvisi. Pertanto, in caso di investimento, esattamente viene affermata la responsabilita' del conducente che non abbia moderato particolarmente la velocita' del veicolo e viene escluso che la condotta del bambino che si sposti incautamente sulla carreggiata possa concretare una concausa sopravvenuta fornita di un'efficienza causale esclusiva e configurare, quindi, l'ipotesi di cui all'art. 41 comma 2 c.p.” (Cassazione penale, sez. V, 25 marzo 1982, in Arch. giur. circol. e sinistri 1983, 232). Viene quindi data particolare importanza all'imprevedibilità del comportamento della vittima e alla conseguente inevitabilità del fatto lesivo, tanto che la prova che il pedone abbia attraversato improvvisamente la strada è ritenuto come insufficiente ad esonerare il conducente dalla responsabilità di cui all'art. 2054 I co. C.C., dovendo questi dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ed essersi trovato nell'effettiva impossibilità di eludere l'incidente: "L'improvviso attraversamento, da parte del pedone, della carreggiata stradale fuori dalle apposite strisce pedonali, non e' di per se' sufficiente ad escludere la responsabilita' del conducente dell'autoveicolo investitore, essendo a tal fine necessario che costui risulti essersi trovato, nonostante l'osservanza delle norme sulla circolazione stradale e di quelle di comune prudenza e diligenza, nella effettiva impossibilita' di evitare l'evento." (Cassazione civile, sez. III, 13 maggio 1987 n. 4370 in Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 5).
Il comportamento negligente del pedone, pertanto, viene di solito valutato dalla giurisprudenza solo in termini di corresponsabilità nella causazione dell'investimento, con percentuali (dal 20 al 60 per cento) che variano da caso a caso, a seconda dell'effettiva condotta negligente ed imprudente tenuta dal pedone. In particolare, viene specificato che la presunzione di colpa del conducente dell'autoveicolo investitore prevista dall'art. 2054, comma 1, c.c. non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana; pertanto, la circostanza che il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione non preclude l'indagine del Giudice in ordine all'eventuale concorso di colpa, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., del pedone investito, sussistente laddove il comportamento di quest'ultimo sia stato improntato a pericolosità ed imprudenza (v. Cassazione civile , sez. III, 13 marzo 2009, n. 6168; Cassazione civile , sez. III, 08 agosto 2007, n. 17397; Cassazione civile , sez. III, 22 maggio 2007, n. 11873).
Rare sono, invece, le sentenze in cui è stata esclusa del tutto la responsabilità dell'investitore: "Nel caso in cui un pedone in fase di attraversamento di un incrocio al di fuori delle strisce pedonali, sebbene esistenti a breve distanza, venga investito da un'autovettura, che proceda regolarmente ed a moderata velocita', e subisca lesioni personali, nulla puo' essere addebitato al conducente dell'autovettura investitrice a titolo di negligenza e leggerezza, per essersi l'evento lesivo verificato per la sola condotta colposa del pedone che abbia attraversato in modo estremamente pericoloso l'incrocio senza usufruire delle strisce pedonali” (Pretura Firenze 6 giugno 1989,in Arch. giur. circol. e sinistri 1990, 607). In casi del genere, l’orientamento che viene seguito è quello secondo il quale “In caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest'ultimo alcuna possibilità di prevenire l'evento, situazione, questa, ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile e anormale, sicché l'automobilista si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti. Tanto si verifica quando il pedone appare all'improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza incidenti con nesso di causalità sul sinistro” (Cassazione penale , sez. IV, 16 aprile 2008, n. 20027; Cassazione civile , sez. III, 29 settembre 2006, n. 21249; nel merito: Tribunale Nola, sez. II, 10 gennaio 2008; Tribunale Roma Sezione 12 Civile, 7 ottobre 2010, n. 19852).
Da segnalare, infine, alcune pronunce in tema d’investimento di un pedone all’atto di attraversare la strada sulle strisce zebrate. Secondo una recente sentenza (Cassazione Civile 3 luglio - 30 settembre 2009, n. 20949) ogni conducente di veicoli, nell'approssimarsi alle strisce pedonali, deve non solo dare la precedenza, ma anche tenere un comportamento idoneo ad ingenerare nel pedone la sicurezza che possa attraversare senza rischi, non essendo in linea con le elementari regole di comportamento proprie di in un paese civile che un conducente possa considerare una mera facoltà il suo inderogabile obbligo di dare la precedenza ai pedoni sulle strisce pedonali e che il pedone debba, dal canto suo, riguardare l'attraversamento come un temerario atto di coraggio, anche dove ha diritto di farlo con l'aspettativa che i conducenti si fermino per lasciarglielo fare. Secondo la Suprema Corte, dunque, costituisce un errore in diritto ritenere che l'omissione, da parte del pedone che attraversi la strada sulle apposite strisce, del controllo e dell'apprezzamento della velocità dei veicoli sopraggiungenti, o addirittura dell'intenzione di un conducente di rallentare o fermarsi, possa assumere la valenza - ex art. 1227, comma 1, cod. civ. - di concorso del fatto colposo dello stesso danneggiato nel caso in cui venga investito. E ciò perché non può predicarsi il dovere di essere tecnicamente cauto da parte di chi (il pedone), potendo legittimamente essere privo delle doti necessarie per effettuare tale tipo di apprezzamento, ha ragione di fare pieno affidamento sulla specificamente prescritta cautela altrui (del conducente di un veicolo). Secondo altra pronuncia, invece, l’incauto attraversamento sulle strisce pedonali da parte del pedone può addirittura rappresentare causa esclusiva del suo investimento: “Il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite strisce pedonali immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilità di cui alla prima parte dell'art. 2054 cod. civ., dimostri che l'improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l'evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un'idonea manovra di emergenza (in termini: Cassazione Civile 11 giugno 2010, n. 14064). E così anche il Giudice di pace Bologna, sez. II, 11 marzo 2008, n. 2912: “Il pedone che si accinge ad attraversare la carreggiata deve preventivamente accertarsi di poter effettuare tale manovra, controllando l'eventuale sopraggiungere di veicoli sulla carreggiata, anche qualora utilizzi il percorso segnato dalle strisce pedonali. Invero la presenza di un percorso preferenziale per i pedoni - come le strisce pedonali - non solo non facoltizza gli utenti ad attraversamenti repentini e imprudenti, ma non vale nemmeno ad attribuire la responsabilità di un eventuale investimento in via esclusiva agli automobilisti colti di sorpresa dall'improvviso passaggio del soggetto investito”.
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